Vi immaginate un featuring tra Michael Jackson e 2Pac? Oppure una nuova canzone di Lucio Dalla dedicata al Coronavirus, magari cantata assieme a Fabrizio De André. Come sarebbe per voi ascoltare qualcosa di simile, un piacere o un incubo? Questione di punti di vista.
Vi ricordate i DeepFake? Bene, se insegni a un computer come sostituire un volto (funzione che ha dato vita a una delle app più scaricate come Impressions) questo vuol dire che un computer potrebbe cominciare a imparare come sostituire una voce ad un’altra, ad esempio.
I DeepFake da quando sono nati sono stati da sempre argomento di discordia nel panorama sociale e oltre. Ci sono persone che esprimono la loro contrarietà ai DeepFake e subito dopo ridono di gusto a vedere Renzi o la Venier che fanno cose impossibili su Striscia la Notizia. L’ipocrisia non è mai una fake ma una solida realtà.

Più persone ricevono le curiosità più è alta la possibilità che le condividano.
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Oggi vi farò vedere cosa vuol dire applicare l’intelligenza artificiale e le sue potenzialità alla musica, un uso dei DeepFake ben lontano dallo spogliare le donne.
Si chiama Jukebox ed è un progetto avviato dalla società OpenAI. Lo scopo del progetto è studiare le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alla voce umana e in special modo al mondo della musica.
In questo modo i cantanti del passato possono letteralmente resuscitare, almeno vocalmente. Una realtà che sta spaventando e sconvolgendo molte persone ma che allo stesso tempo trova l’attenzione dei big della musica che già si sfregano le mani al pensiero di tirare fuori dei dischi che si trasformeranno in guadagni immediati data la curiosità.
Prendete ad esempio Michael Jackson, dopo la sua morte sono uscite delle canzoni dove hanno usato la sua voce registrata per delle prove, senza il consenso del defunto che se fosse stato in vita avrebbe vietato categoricamente il tutto. Il mondo commerciale che sta dietro quello musicale è già da tempo che sfrutta l’immagine di star defunte per proporre qualcosa di nuovo, un esempio sono i concerti con gli ologrammi.
Proprio come per le immagini, l’intelligenza artificiale frammenta il suono sottopostole e lo studia, ed imita, quasi alla perfezione. Il risultato che si ottiene adesso è ovviamente molto grezzo in quanto, a differenza dei deepfake visivi, quelli uditivi si smascherano più facilmente in quanto tonalità e performance del canto sono per ora delle qualità che nessun computer può sostituire o imitare alla perfezione, per ora.
Un esempio pubblicato dalla stessa OpenAI è una canzone “nuova” di Frank Sinatra dove il musicista canta “È Natale, è l’ora della vasca idromassaggio”.
Non sono mancati i commenti inorriditi da parte di alcuni utenti che hanno commentato questa traccia con parole come “Sono le urla dei dannati”.
Ascolta.
Va bene immaginare i cantanti che si rivoltano nella tomba per i deepfake musicali, ma non è che facessero una bella vita ogni volta che escono nuove tribute band che spesso sono anche inascoltabili.