
Ti sei mai chiesto come mai le persone, pur sapendo che il fumo uccide, scelgono volontariamente di continuare a fumare? Come mai nel mondo una delle spese fisse più diffusa è quella delle sigarette. Perché nonostante le immagini terribili sui pacchetti di sigarette, i consumi restano tali e le persone comprano ugualmente le sigarette.
Domande a cui Martin Lindstorm, ricercartore, ha voluto dare una risposta utilizzando il neuromarketing. Provate a pensare cosa accadrebbe se si unissero gli studi sul marketing a quelli sulla neurologia. Il marketing ci dice quali sono state le scelte compiute dai consumatori, la neurologia fa molto di più studiandone il processo che ha portato il consumatore a quel prodotto. In pratica è la scienza di vendita perfetta quella del neuromarketing.
Martin Lindstorm è stato il primo a condurre uno studio scientifico enorme, in tema di neuromarketing, che aveva come scopo proprio quello di rispondersi alle domande iniziali:
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Perché le persone continuano a comprare sigarette nonostante gli avvertimenti e le immagini stampate sui pacchetti?

Ecco, il neuromarketing può arrivare a dare una risposta a questo quesito che non sia solo un banale motivo di dipendenza. I nostri comportamenti sono dettati sì dalla nostra volontà, il bello è sapere cosa vogliamo davvero, sopratutto in una società dove molto non è permesso e in alcuni casi è meglio tener segreti i propri desideri. Il neuromarketing è praticamente a psicologia del consumo, capite quanto sia importante come settore? Per questo motivo le aziende leader investono milioni in ricerca su questo aspetto.
Il Neuromarketing ad esempio spiega perché nonostante tutti reputino stupido un social, o siano convinti che faccia perdere solo tempo, di fatto poi continuino ad usarlo. Secondo la logica una persona che dice “su Facebook sono tutti stupidi” e poi continua a passarci il tempo, potrebbe essere inquadrata come incoerente, sempre se non si tiene conto dell’inconscio.
Per il fumo la questione, come scoperto da Martin, è essenzialmente uguale. La nostra coscienza si vergogna delle immagini sui pacchetti, l’inconscio no, anzi, ne approfitta per ricordarci di fumare.
Le immagini crude, fatte di persone malate, tumori esposti, foto di famiglie sfasciate, di fatto non funzionano (già nel 2016 lo avevo capito proponendo campagne alternative di sensibilizzazione)
Ma perché non funzionano? Cosa succede nella mente del fumatore quando le vede?

Usando la fMRI ( una macchina per la risonanza magnetica ) e la SST ( un macchinario dotato di sensori che rilevano segnali elettrici celebrali molto deboli ), i ricercatori hanno cercato di scoprire cosa viene attivato nel cervello, dalle immagini sui pacchetti di sigarette.
I fumatori volontari che hanno preso parte allo studio sono stati intervistati due volte sulle loro abitudini e sul pensiero che avevano in merito al loro vizio. La prima intervista era scritta e fatta senza altri strumenti di studio se non la semplice osservazione. Da questa intervista scaturiva che di fatto i fumatori erano infastiditi da quelle immagini.
Fin qui nulla di strano. Il dubbio però rimane: i fumatori sono tutti ipocriti? Se un’immagine ti infastidisce per ciò che rappresenta perché continuare sulla strada che molto probabilmente ti porterà alla fine rappresentata da quella immagine? Questa era la vera scoperta da fare.
L’intervista poi è stata ripetuta mentre i vari soggetti erano sotto osservazione attraverso la macchina di risonanza magnetica e il macchinario per la rilevazione dei segnali elettrici celebrali. Improvvisamente il cervello, alla vista delle immagini sui pacchetti di sigarette, attiva l’area adibita al desiderio portando il corpo a bramare una sigaretta. Ciò vuol dire che, molto semplicemente, quando il fumo è un piacere prima di un vizio, il cervello lo sa e non si ferma di fronte al senso delle immagini che vede ma le usa come promemoria per concedersi un po di quel desiderio.
Il nostro cervello è programmato quindi per cedere al desiderio. Per fare un esempio davvero banale, ma chiaro, è come amare la sessualità e stampare sulle mutande altrui la scritta “il sesso non è amore, pensaci”. Tutti abbiamo sofferto per amore, tutti sappiamo che la sessualità è un desiderio che può portare ad azioni o pensieri immorali, eppure difficilmente ci sottraiamo da esso. Ci piace e lo faremmo anche di fronte al pericolo di morte.
Il cervello non teme di morire, teme di non godere praticamente.
Il neuromarketing spiega anche questo, ed è una scienza in fortissima espansione.
Pensando al concetto Taoista di desiderio e dolore, dove per evitare il dolore bisognerebbe evitare il desiderio, si capisce bene come un vizio possa essere solo un concatenamento di comportamenti e situazioni dalla quale uscire sembra impossibile proprio perché la concatenazione è inarrestabile: desidero ciò che non ho quindi sto male, fumo per stare meglio e non pensare di star male, sto male perché fumo quindi fumo ancora per non stare male e continuare a pensare a ciò che desidero. Una via senza uscita se non quella della consapevolezza, attraverso la scienza e lo spirito.
Fonte: psicolab.net / Martin Lindstorm