
La conoscete la storia del primo bambino nato al mondo? Non era un eroe, nemmeno un Dio o magari qualche predestinato in particolare, era un semplice bambino, che come tutti voleva essere grande subito.
Si chiamava Fontanella e questa è la storia della sua nascita e del perché sua mamma lo ha chiamato così.
Mamma viaggiava sempre, per tutta l’Africa. A quei tempi la vita non doveva essere un giardino di svago e pensieri, lei e papà erano i soli ad assomigliarsi ed i soli ad amarsi. Era una terra popolata da animali come loro, avevano solo più peli, più denti e artigli.

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Ci voleva una stirpe, qualcosa che desse forza e storia alla loro natura, ci voleva un bambino. Così decisero di crearmi.
Per ospitare la mia crescita, fino a che la pelle non fosse stata pronta a sopportare il mondo, si scelse la pancia della mamma. Un bel bacino e tanta sopportazione al male erano vantaggi perfetti per mettermi al mondo.
“Mamma, uscirò da qui tutto sano e completo” – gridavo sempre, dalla pancia, già dal terzo mese.
“Stai calmo, quando sarai pronto lo sentiremo assieme, solo allora ti aiuterò a uscire” – rispose mia mamma, sempre temperata in ogni risposta.
Così i giorni passavano, e come una tramontana, arrivava il grido, sempre più convinto e fermo, dove ripetevo :
“Mamma, uscirò da qui, sano e completo”
La mia pelle era pronta, un bagno caldo e una robusta pelliccia erano il modo perfetto per venire al mondo, almeno secondo me. Mia mamma attese il momento giusto, poi, mi svegliò e mi incoraggiò a uscire, io assonnato e presuntuoso mi completai, senza lasciar nulla dentro la sua pancia, volevo tutto con me, come se dall’altra parte non ci fosse nulla.
Sull’uscita dalla pancia, l’inganno: la testa non passava
Non c’era posizione che perdonasse quel cranio duro. Impaurito prima che esausto, mi misi seduto e piansi, per un giorno intero, chiamando mia mamma che non rispondeva. Il silenzio sarebbe servito a levarmi ogni inutile falsa certezza che si riveli un ostacolo a scoprire, imparare, evolvermi. Perché mi aveva invitato a uscire se poi non riuscivo a passare da quel buco?

La notte, un brusco risveglio, la mano della mamma accarezzava la pancia e qualcosa mi afferrò la testa, forte. Non ci fu il tempo di pensare, la pelle cominciava a conoscere la luce del mondo, bisognava respirare per continuare a vivere.
Una volta fuori, una volta asciutto, mi passai la mano sulla testa, e mi accorsi che ne mancava un pezzo. Guardai mia madre e le chiesi il perché.
“Ti ho levato un pezzetto dalla testa, per farti passare e nascere. Tranquillo, ricrescerà con te. In questo modo ricorderai come sei passato dalla pancia alla vita: con qualcosa da costruire. Quella che hai sulla testa, la chiamerò Fontanella, come i tuoi occhi quando piangevi” – sorrisi e capii, credo.
Siamo completi quando troviamo l’amore per noi e per la natura che ci da vita, non quando siamo convinti di avere tutto e impauriti di perdere qualcosa.
Grazie a Cicconi per l’illustrazione donata a questa breve favola che ho scritto.
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