Übermensch.
Potrei concludere così la descrizione di Ambrogio Fogar, un vero e proprio “Oltreuomo” per usare il termine nietzschiano.
Fin da piccolo ha sempre sentito un bisogno irrefrenabile di avventura, facendone una vera e propria ragione di vita. Poco dopo aver compiuto la maggiore età inizia a praticare paracadutismo e, successivamente, volo acrobatico.

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All’amore per il cielo segue quello per il mare: attraversa in totale solitudine l’Atlantico del nord, in barca e, per un lungo tratto, senza l’uso del timone.
Tra l’1 novembre 1973 e il 7 dicembre 1974 compie la circumnavigazione della Terra con una barca a vela, da lui battezzata “Surprise”, sempre in solitario, tenendo con sé un diario di bordo che in seguito venne pubblicato, divenendo un best-seller (clicca qui per scoprirlo).
Insieme al compagno di vita, il giornalista Mauro Mancini, nel 1978 decide di circumnavigare l’Antartide. Tuttavia, a sud dell’oceano Atlantico la sua nave viene affondata da un orca. I due sono costretti a sopravvivere su una zattera, nutrendosi esclusivamente di una specie di telline che si era attaccata sul fondo della pseudo-imbarcazione.

Rimasero alla deriva per 74 giorni. Fogar riuscì a salvarsi, ma il suo caro amico perse la vita, lasciando una ferita indelebile nel cuore di Ambrogio.
Conquistati a caro prezzo i mari, Fogar decise di affrontare i ghiacci.

Raggiunse il polo nord grazie ad una slitta e al suo fedele cane Armaduk.
A questo punto della sua vita Fogar diventa conduttore del programma “Jonathan: dimensione avventura”, per il quale girerà il mondo insieme alla sua troupe.
Dopo il gelo dei poli passò al caldo dei deserti partecipando a tre edizioni della Parigi-Dakar e a tre “Rally dei Faraoni”.
Il 12 settembre 1992 la sua macchina si capovolge durante il raid Pechino-Parigi. A seguito dell’incidente Fogar rimane quasi completamente paralizzato.
La vita ha spezzato le sue gambe, ma non ha scalfito il suo animo.

Ambrogio ha continuato a lottare, sostenendo Greenpeace nella campagna a favore delle balene, lavorando in collaborazione con “La Gazzetta dello Sport” e, soprattutto, compiendo un ultimo grande viaggio nel 1997:
il giro d’Italia in carrozzina su una barca a vela.
Fogar si spense nel 2005 a causa di un arresto cardiaco, ma la fiamma del suo spirito continua ancora ad ardere, imperterrita.
Numerose sono le iniziative in sua memoria: l’onorificenza di commendatore ricevuta durante la sua carriera brillerà sempre all’interno della storia italiana.
L’ultimo sogno della vita di Fogar fu quello di potersi alzare in piedi a guardare il cielo. Quello stesso cielo che aveva toccato con mano da giovane. Certamente avrebbe puntato, se ne fosse stato in grado, ancora più in alto, magari fino alle stelle.
Il desiderio più grande per un bambino è raggiungere lo spazio, e l’essere, il rimanere bambino è ciò che ha caratterizzato tutta la vita di Ambrogio. Conservare sempre lo stesso desiderio di conquista, di conoscere l’inconoscibile.
Purtroppo la vita spezzò i sogni conservati da fanciullo.
Nonostante tutto Fogar continua a vivere numerose avventure, attraversa innumerevoli tempeste magnetiche, spingendosi fino agli spazi siderali dell’universo e, magari, anche oltre.
L’asteroide Ambrofogar Minor Planet 25301, battezzato così in sua memoria, è ancora in viaggio, forse lo sarà per sempre.
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